La caccia al tesoro è una commedia satirica che esplora con umorismo crudo e ironia tagliente come il motore principale del giudizio verso l’altro e dell’ipocrisia che sta dietro i proclami di una società contemporanea, aperta ed inclusiva, sia, in realtà, la paura di non poter realizzare se stessi e le proprie aspirazioni.
Per un’anziana madre si avvicina il momento della fine e i suoi due figli, fratello e sorella, si ritrovano per organizzare il possibile funerale e la divisione dei beni da ereditare. Al suo arrivo nella casa della madre, la sorella viene accolta da una badante straniera e dal fratello. La giovane badante consegna loro un testamento olografo che inizia parlando di “tutti i miei figli”, rivelando d’essere stata adottata ufficialmente e quindi a tutti gli effetti risultando anch’essa titolare di una parte del patrimonio. Fratello e sorella non fanno in tempo a riprendersi dallo stupore che suona il citofono. Pare proprio che le sorprese non siano finite.
Quando dei pretendenti a un’eredità, distanti per storia personale, convinzioni e valori, si trovano a dover negoziare il loro patrimonio futuro, è possibile stabilire una priorità tra chi in quella casa è nato e chi in quella casa ha trovato solo un’accoglienza recente?
Il conflitto tra i possibili eredi diventa quindi metafora di una società che per essere davvero inclusiva deve fare i conti col passato e superare la naturale inclinazione ad escludere i suoi membri più fragili. Ammesso che sia semplice individuare di quali fragilità sia più urgente occuparsi.
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