Quando si pensa all’Eneide uno dei primi confronti che viene da fare è quello con il viaggio di Ulisse. È noto che Virgilio si ispirò e attinse a piene mani dalla tradizione omerica ma per quanto le analogie siano molte, altrettante sono le profonde differenze che dividono queste due storie. Se da una parte infatti entrambi condividono il destino di un viaggio lungo e pieno di pericoli, dall’altra è profondamente diverso lo scopo che li muove a questo viaggio: Ulisse spinto dal desiderio di tornare a casa, una casa conosciuta e anelata da anni, Enea da quello ben più complesso di andare alla ricerca di una casa.
Ulisse è un arciere che ha chiaro il suo bersaglio; Enea il bersaglio lo cambia continuamente. Ulisse è un conquistatore che fatica a ritrovare la strada di casa; Enea un esule che carica i propri affetti sulle spalle alla ricerca di un luogo in cui ricostruirsi una vita.
Negli ultimi anni si è spesso associato questi due poemi al dramma dell’immigrazione. Se per l’Odissea temi principali rimangono comunque il viaggio e il nostos, il ritorno epico di Ulisse, nel caso dell’Eneide molte sono le finestre che si possono aprire. Con la consueta formula che ha contraddistinto i due lavori precedenti (Iliade – due voci per un canto e Antigone – non solo una tragedia), E intanto Enea partirà dalle parole immortali di un grande classico per aprirsi alle contraddizioni di un’attualità che spesso ci sfugge e talvolta spaventa.